di Rachele Fattore
illustrazioni di Anastasia Coppola
Edito da Rizzoli. Siamo a Tokyo nel 1996. Arata ha 28 anni e passa le giornate misurando i livelli di rumore del suo distretto.
Per chi è ammaliato dal fascino delle metropoli
Tokyo, circoscrizione S. Il rumore di autocarri, vetture e clacson sulla circonvallazione oscilla tra i 75 e i 78 decibel. Per l’ufficio di Tutela Ambientale non rientra nei parametri dei “rumori molesti”.
Arata è un ragazzo di ventott’anni che vive con lo slash metal nelle orecchie in una sorta di bolla sensoriale che lo protegge da tutto e tutti.
Quando gli abitanti delle case popolari chiedono che vengano fatti dei rilievi per valutare il disturbo della quiete causato dal canto di un gallo, Arata scopre che esiste un mondo di suoni parallelo.
Dare una forma all’ambiente sono col quale si entra in sintonia
Coperti dal frastuono della città ci sono suoni antichi che le orecchie dei cittadini, assuefatte al traffico e ai suoni artificiali, non sentono più. Per il protagonista l’incontro con il contadino diventa l’occasione per tracciare la mappatura di una realtà sonora invisibile.
Nel suo perlustrare la città alla ricerca di suoni, Arata ritrova un vecchio amico di università, Ikuo.
Musicisti nella stessa band, entrambi legati in modo viscerale ai suoni, ricercano una perfezione che non può appartenere agli uomini. Insofferenti, con relazioni in crisi, i due amici vivono appesi a corde tese che non appena vibrano rischiano di farli cadere nel baratro. Tra bar sotterranei e izakaya si ritrovano ad essere amanti della stessa donna, Mariko, sentimentalmente libera ma impegnata in un telephone club.
Anche lei ha un passatempo: afferra storie attraverso le onde radio che trasmettono, con distacco, ciò che avviene nelle case, negli uffici, negli hotel. Tokyo si trasforma così in un brulicare di suoni e di onde e in altrettanti orecchi più o meno indiscreti.
L’affanno di voler accordare uno strumento imperfetto
Seppur giovani, ad immaginarli i protagonisti sembrano già anziani e messi alla prova da scelta infelici. È alla sera che vengono raggiunti dall’eco delle giornate: il corpo stanco, incapace di muoversi, attende in affanno che esse si sedimentino e che vengano digerite dal con l’alcool. Ma, se di notte i suoni diventano più cristallini, non fanno altrettanto le azioni umane e così si rimane sconvolti nel vedere negli altri ciò che non si è disposti a vedere e riconoscere in sé stessi.
I sottili messaggi della narrativa giapponese
Hitonari Tsuji riesce, grazie alla sua esperienza di musicista e fotografo, a dar vita ad un’immagine realistica della città tanto che sembra di esservene immersi.
Tokyo Decibel è un romanzo che parla di non appartenenze, di ascolti clandestini, di persone disarmoniche che cercano la loro personale accordatura. Con un ritmo lento e una malinconia sottesa racconta di una città caotica in cui ci si può smarrire in un’illusoria bolla di suoni.