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di
Luca Betti

Stamattina sono stato piccolo piccolo (e mi è piaciuto molto).
Ore 8:20: autostrada A14 tra Castel San Pietro e San Lazzaro di Savena, corsia di sorpasso.
Velocità: una decina di km oltre i limiti.

All’improvviso un patacca.
Un patacca dalle nostre parti è uno sbruffone. Di quelli che li vedi da lontano.
Con la sua utilitaria smaragliata (elaborata, pimpata, personalizzata e chi più ne ha più ne metta) lo vedi farsi largo nello specchietto retrovisore a velocità smodata.
Chi mi segue o lo precede si butta a destra per fargli posto. Pista arriva il patacca.

Tocca a me. Solo una cosa in autostrada mi dà più fastidio di chi mi “fa gli abbaglianti”, quelli che ti si incollano al paraurti. È pericoloso stare ai 140 km/h a 10 cm di distanza. È per questo che hanno inventato la distanza di sicurezza.
Il patacca opta per la doppietta: si aggancia e inizia a “farmi gli abbaglianti”.

Alle 8:20 di stamattina divento piccolo piccolo.
Non rallento, non accelero e, solo dopo mezzo minuto, decido di farmi a destra.
Lo guardo mentre mi sorpassa per fargli sapere cosa sto pensando di lui. Il patacca fa la stessa cosa. La convinzione sua è che se la sua macchina fa i 160 km/h lui ha diritto di fare i 160 km/h sempre e nessuno lo deve intralciare.

Torno della mia dimensione, potrei restare “piccolo” e mettermi alle sue spalle facendogli gli abbaglianti, ma sono tornato grande e maturo e non lo faccio. Smetto di pensare al patacca e mi riconcentro sulla guida. 3 minuti dopo devo uscire. A San Lazzaro.

Ed ecco all’improvviso la grande livellatrice: la sbarra del casello.

All’improvviso torno piccolo piccolo.

I miei occhi scorgono in fila per il pagamento in contanti l’utilitaria smaragliata del patacca. Sono sempre più piccolo. E non mi tengo più.
Rallento quanto basta per immettere la sagoma della mia utilitaria nella corsia dell’uscita con Telepass. E lo guardo.
Il patacca è innervosito dall’attesa. Spero che quello davanti a lui si sia fermato lontanissimo e non riesca a mettere i soldini o a darli al casellante. E il patacca sta perdendo tempo. E io ora sono piccolo piccolo e mentre io passo e lui sta fermo voglio che lui sappia che io so. Deve saperlo.
E allora suono il clacson e lo guardo.
Sono piccolo piccolo, lo guardo e lui mi guarda e sono certo che ha capito.

E io godo.

In modo infinitamente piccolo godo.