di
Federico Cirillo
Come ogni sera, il 23 riportava stralci di umanità alle proprie case.
Come ogni sera verso le 21, affreschi di vita incrociavano momentaneamente i propri destini dentro quell’autobus. Come ogni sera, sul 23 salivano ritratti di esistenza che arrivavano precisi ad un appuntamento con gli altri: un appuntamento mai preso e per questo spesso rispettato.
Ma quella sera era San Valentino, la festa dell’amore, anche se i passeggeri avevano più l’aria del santo nel momento del suo martirio. Mattia odiava quella festa: che palle portarla sempre fuori a cena per forza (“Ma è San Valentino amore!” diceva sempre). Almeno st’anno me so’evitato la cena, pensava all’altezza di Marmorata/Galvani, Mattia, continuando a toccarsi la gamba dolorante per il post-partita.
«Mortacci
Cla’, ancora me fa male la gamba: quel pezzo demmerda m’è caduto addosso pesante!», disse strattonando Claudio
che aveva da poco chiuso gli occchi.
Claudio si girò con la bocca impastata di
sonno: «Uhm, guarda che sei te che sei uscito “a valanga”, je stavi quasi a
rompe la tibia a quer poraccio».
«Che cazzo
dici? Me pari l’arbitro! Quello m’è piombato addosso quando il pallone ce
l’avevo già io, era carica a Cla’, altro che fallo».
«Sè vabbè, Matti’, era fallo…l’abbiamo visto pure noi, dai. Ma poi che cazzo t’ha detto la testa de usci’ così fori dall’area? Pure tiro libero contro ci hai fatto prende. Te devi da’ una calmata Matti’. ’St’anno so già 5 ammonizioni che te pijii, o pe’ fa’ ste uscite o perché devi sbrocca’ all’arbitro. E abbiamo fatto 8 partite. Da quando te sei… vabbè su, lascia sta’».
«Da quando me so’ cosa?» scattò Mattia. Si conoscevano dall’infanzia e Claudio sapeva di aver toccato un nervo scoperto. «A parte il fatto che de quelle 5 ammonizioni, 3 so’ molto contestabili…non ho capito, finisci la frase: da quando me so’?».
«Dai Matti’ lo sai, da quando te sei lasciato co’ Valeria sei strano, nervoso. Sbrocchi pe tutto e co tutti: hai attaccato ’na polemica con l’arbitro prima dell’inizio per il fatto che se dovevamo mette noi le casacche…che poi te sei il portiere e manco te la mettevi. E su!».
«Ma che c’entra Cla’, quello è perché me dà fastidio che ‘n se vede lo sponsor de papà. Ma poi che cazzo c’entra Valeria? Che me frega de Valeria? Quella stronza. Anzi proprio oggi so contento che nun devo anna a quella cazzo de cena de San Valentino der cazzo».
«Appunto» chiosò Claudio, rigirandosi verso il finestrino «e smettila de magnatte le unghie, che schifo» aggiunse irritato.
Il silenzio, accompagnato dal rosichìo nervoso di Mattia, si impossessò nuovamente del 23, lasciando spazio ai rumori di fondo.
Fu allora che Mattia la vide.
«Ao, ma quella?» fece Mattia, ridestando di
nuovo Claudio con una gomitata mentre il bus rallentava sull’Ostiense «Guarda
che gnocca, Cla’!»
Indicò fuori dal bus un finestrone ben illuminato della palestra che, sul lato opposto della strada, pullulava di vita fitness. Claudio si girò di scatto.
«Ma chi?
La bionda? A Matti’ ma me sa che…».
«Sì, sì… la bionda! Davanti alla finestra, attaccata alla colonna. Guarda Clà! M’ha visto, me sta a guarda’! Guarda che canottierina che c’ha, co’ tutta la panza de fori! La devo conosce Clà, questo è un segno del destino, proprio stasera che sto da solo dopo…beh…dopo tutti l’anni co Valeria, quella stronza. J’assomija pure, però ammazza se è più fica de Valeria, aoh me guarda Clà…dai scendiamo, scendiamo cazzo, la devo vede’ da vicino, la devo conosce, dai dai». Il viso gli si era tutto acceso e si era spostato verso le porte centrali spingendo freneticamente la richiesta di fermata.
«Ma che
scende Matti’, è fica, ok ma è…» disse Claudio tentando invano di trattenerlo.
«Bella! No fica Cla’, bella!» lo interruppe Mattia offeso «Ti pregherei di sciacquarti la bocca quando parli della donna mia! Dai scendiamo, daiiii».
«’A donna tua? Ma te sei scemo. Dai che palle Matti’ ma non lo vedi che è…vabbè vaffanculo scendiamo ma ce vai da solo! E pijate la borsa tua, cazzo!» disse Claudio sbattendogli la borsa del calcetto che aveva trascinato fino alle porte.
«Ok, come sto?» chiese tutto eccitato Mattia
aggiustandosi i capelli alla fermata e appoggiando i guanti da portiere sul
borsone «vabbè ’sti cazzi, tanto è sudata pure lei. Guarda quanto è bella, me continua a guarda’,
sicuro che non vieni?»
«None!
Te credo che te guarda, è na f… »
«Ho detto che non devi parla’ così della donna mia! Fata, si dice è una fata, ok?»
«No
Matti’, intendevo, che è ’na f…»
Mattia già attraversava tutta l’Ostiense preso
da un fomento innaturale: «Me lo dici dopo, guardame la borsa» urlò a Claudio
correndo «20 euro che me dà il numero?»
Dall’altra parte Claudio urlò di rimando «20 euro che fai ’na figura demmerda?»
«Annata!» sputò fuori Mattia entrando nella palestra.
Fu tutto rapido e (non) indolore. La ragazza
bionda attaccata alla colonna che guardava fisso verso l’esterno. Claudio
attaccato di schiena al palo della fermata, in attesa del successivo 23. Mattia
che arriva in sala accompagnato da un istruttore. Mattia che arriva accanto
alla ragazza. L’istruttore che ride. I frequentatori della sala che ridono
indicando Mattia. Mattia che abbassa la testa, si gira sconsolato e torna sui
suoi passi. La ragazza bionda che, sempre attaccata alla colonna, guarda sempre
fisso all’esterno. Mattia che torna da Claudio, lemme lemme.
«Me devi 20 euro» fece Claudio, secco.
«Te li
do domani. Però me lo potevi di’ che era ‘n poster, ’na cazzo de foto pubblicitaria».
«C’ho provato, nun m’hai fatto parla’, stavi infojato. Ultimamente ‘n te se pò di’ gnente, da quando…vabbè famo che me ne dai 10. Sali va.».
In silenzio, risalirono sul 23 successivo che,
ancora più vuoto di quello di prima, li ospitò senza giudicare.
«Che poi Valeria» disse Mattia con un filo di
voce «era pure più fica».
«Beh, di certo era più in HD».