di Stefano Tarquini
Illustrazione di Diaz
Il parcheggio buio sembra una fetta di groviera andata a male, con tutti i suoi buchi e crateri nell’asfalto.
Miriam li schiva con disinvoltura e guida via veloce, scomparendo nella notte assorta di provincia.
Nino se la guarda dallo specchietto retrovisore e la scia degli stop rossi rimane solo un ricordo, disegnato nell’aria pesante di un giorno nascosto nel silenzio soffuso di semafori dal giallo intermittente.
Ogni lunedì, Miriam è di riposo e la mattina fa tapis roulant.
Dopo aver fatto la doccia improvvisa una goffa messa in piega che le dura dieci minuti, ma che a lei piace lo stesso, e si trucca gli occhi mentre asciuga lo specchio dal vapore che ha riempito il bagno, con lo stesso panno in cui aveva avvolto i capelli in un turbante.
Mangia un boccone con Elvira, la sua coinquilina di buona famiglia, che potrebbe avere una casa tutta per sé ma preferisce così, un po’ per andare contro i suoi, un po’ perché ancora crede di essere veramente indipendente, pur essendo ricca.
Poi si fa mezza Roma in macchina per fare l’amore con Nino, che il lunedì fa solo pranzi ed ha la sera libera.
Lui si fa la doccia al Mulino, una vecchia pizzeria col forno a legna dove lavora da quando è ragazzino, in un piccolo bagno/spogliatoio improvvisato che non ha finestre, in cui Mario, detto Don Chisciotte, il vecchio proprietario dal cuore grande e dal baffo arrotolato ai bordi della bocca, scrisse, con un bianchissimo Uniposca su un piccolo specchio venti per venti: vietato cacare.
In realtà avrebbe dovuto scrivere vietato pippare, ma era stato un fottutissimo cocainomane, e quel bagnetto angusto aveva ospitato, nei vent’anni precedenti, la crema dei drogati e delinquenti della zona. Poi però aveva cercato di trasformare il Mulino in una pizzeria per famiglie, e in parte c’era riuscito, ma aveva lasciato tutte le cose com’ erano. Diceva che gli servivano per ricordare.
Lo specchio e la scritta erano ancora lì e tutti quelli che avevano lavorato al Mulino ci si erano fatti una foto: camerieri, aiuto cuochi, pizzaioli e cocainomani.
Le foto sono quasi tutte attaccate con una puntina alla parete dietro la cassa, ma nessuno dei clienti ci fa caso mentre paga o è in fila. Non sanno che posto sia quello, loro possono usufruire del bagno apposito al piano di sotto, dove si può aspettare il proprio turno in un ambiente confortevole, con un divano comodo, due candele profumate e la filodiffusione.
Oggi Nino le ha portato una busta di supplì fatti da lui.
Mangiare era un ottimo diversivo per tutti e due.
Miriam adorava parlare di cibo e di ricette, e si esprimeva quasi solo con modi di dire che poi diventavano una specie di loro linguaggio privato.
Appena conosciuti ad esempio, rispondeva ai messaggi porno di Nino con un secco: faccio finta di non aver letto, o, in caso di messaggi vocali, di non aver sentito.
Adesso lo usa rispondendo a messaggi di altro tipo, come parte di un codice tutto loro.
Oggi, per esempio, se n’ è uscita con una delle sue massime sulla prima colazione, il «pasto più importante della giornata».
«Uno dei periodi più belli della mia vita è stato quando il dietologo mi aveva prescritto la colazione salata: una fetta di pane bruscato col prosciutto crudo i giorni pari, col salmone i dispari, accompagnato da una spremuta di arance rosse senza zucchero. Che bei tempi, quelli!»
Secondo Nino, invece, il fritto una volta a settimana è come un elisir di lunga vita: riattiva il suo povero fegato ingrossato, torturato da una vita di eccessi. Le loro dritte approssimative sull’alimentazione corretta li facevano ridere così fragorosamente e con gioia, da non volere più smettere di farlo.
E a volte non lo facevano, se ne stavano lì a ridere e ridere, fino a non poterne più.
Miriam ha un Opel Corsa nera, con un vecchio adesivo attaccato sopra la targa, che non si ricorda neanche più dove l’ha preso: mortacci tua!
Lui arriva sempre prima di lei all’appuntamento e dà una pulita veloce ai sedili, sbattendoli alla buona e aprendo i finestrini per far cambiare l’aria.
Poi arriva lei con i suoi occhi luminosi.
A volte neanche si salutano, in pochi minuti si ritrovano mezzi nudi sul sedile posteriore, tanto hanno voglia di fare l’amore, e una volta venuti entrambi, si guardano negli occhi: «Ciao, sei proprio tu?».
Quasi sempre lo rifanno un’altra volta, ma solo dopo essersi cullati l’uno negli abbracci dell’altra e raccontati gli alti e bassi della settimana.
«Hai portato i supplì? Sìì!» E mentre infila la mano fino ai polsi nella carta unta che ancora fuma, Miriam gli racconta che la sera prima ha provato a fare pasta e fagioli per la prima volta.
Le era venuta disastrosamente buona, orgogliosamente fitta, ma sciapissima e con la cipolla tagliata troppo grossa. Elvira era di bocca buona e l’aveva divorata, dice, ma le aveva anche fatto notare quei particolari, e questo l’aveva un po’ divertita e un po’ offesa.
Nino stappa la bottiglia di acqua minerale con l’accendino, facendo rimbalzare il tappo oltre il tettuccio apribile da cui sta entrando la notte, scende e lo raccoglie subito per non lasciare tracce del loro passaggio.
Lasciare pulito ovunque è una cosa che si porta dietro da sempre, da quando era cresciuto con una nonna e due cani, e aveva dovuto imparare velocemente sia le buone maniere che a fare la lavatrice.
Da due settimane beve solo acqua perché la prossima deve fare le analisi per rinnovare la patente.
Esattamente sette anni prima, proprio quello stesso giorno, aveva avuto un brutto incidente e i carabinieri che erano intervenuti lo avevano sottoposto ad un alcol test molto positivo, facendolo entrare in un percorso amministrativo estenuante.
Lo racconta spesso: «Quando vado a fare gli esami al Pertini, in mezzo a tutti gli altri colleghi di sbornia, sono l’unico che ammette di aver bevuto davvero. Tutti gli altri inventano scuse con sé stessi, tipo: io stavo lucidissimo, io solo mezzo bicchiere, l’alcol test è fasullo, eccetera eccetera».
Lui non se ne vergognava, però se quella maledetta sera non avesse bevuto, sarebbe stato decisamente meglio.
Miriam è al terzo supplì e parla con la bocca piena.
Nino di solito la ascolta senza interrompere.
La loro storia è tutta qui: tanti bei ricordi e un odore di fritto che riempie la macchina.