di Savina Tamborini
Illustrazione di Liliana Brucato
Aarne scoperchia le patate a bollire. Il vapore gli annebbia le lenti.
Infilza la forchetta in una patata. Il contorno delle unghie è terroso. Difficile che a Merja possano piacere. Sospira. Le patate non sono pronte. Richiude e va in sala.
Con un tonfo sprofonda nella poltrona mezza sfondata. Con una gamba trascina lo sgabello, sfila le pantofole bucate e ci mette sopra i piedi. Accende la lampada, cambia gli occhiali e apre il giornale.
John Kennedy assassinato: presidente Lyndon Johnson.
Mirre gli salta sopra. Si srotola a pancia all’aria, con le zampette gli afferra i polsi, gli mordicchia le dita. Aarne la accarezza: «Che monella che sei, io stavo leggendo, eh!».
Il coperchio sbatacchia sulla pentola, Aarne solleva Mirre sul giornale come un tappeto magico e la sposta sul pavimento.
L’acqua bolle e fuoriesce, la fiamma si spegne. Le patate sono tutte rotte. Aarne scola l’acqua rimasta, mette i pezzi triti nel piatto. Dal frigo prende la senape e dallo scaffale un barattolo di carne. Dell’olio cola; si asciuga le mani grosse e nodose.
Come potrebbe dare amore con quelle vanghe che si ritrova?
Si strofina le unghie, ma il marrone della terra non va via.
Mirre lancia un miagolio acuto. Si alza sulle zampette, gli si appoggia sullo stinco e le piccole unghiette appuntite lo pizzicano. Aarne le allunga un pezzetto di carne: «Affamata che sei sempre!».
Si versa un bicchiere di vino e si rimette in poltrona. Accende la tele e in un filmato di repertorio JFK parla dal pulpito.
“Today the expenditure of billions of dollars every year on weapons acquired for the purpose of making sure we never need to use them is essential to keeping the peace. But surely the acquisition of such idle stockpiles—which can only destroy and never create—is not the only, much less the most efficient, means of assuring peace.
I speak of peace, therefore, as the necessary rational end of rational men. […] Some say that it is useless to speak of world peace […] and that it will be useless until the leaders of the Soviet Union adopt a more enlightened attitude. I hope they do. I believe we can help them do it. But I also believe that we must re-examine our own attitude—as individuals and as a Nation—for our attitude is as essential as theirs. And every graduate of this school, every thoughtful citizen who despairs of war and wishes to bring peace, should begin by looking inward—by examining his own attitude toward the possibilities of peace, toward the Soviet Union, toward the course of the cold war and toward freedom and peace here at home. […]”
Mirre gli risalta sopra quasi nel piatto, gli fa le fusa e gli sbatte la coda sul mento: «Mirre, buona, fammi sentire».
[…] The United States, as the world knows, will never start a war. We do not want a war. We do not now expect a war. […] We shall be prepared if others wish it. We shall be alert to try to stop it. But we shall also do our part to build a world of peace where the weak are safe and the strong are just. We are not helpless before that task or hopeless of its success. Confident and unafraid, we labor on—not toward a strategy of annihilation but toward a strategy of peace.”
Il sole entra forte dalla finestra.
Il gallo canta, Mirre alza il musino. Aarne si gira dall’altra parte del letto, si tira su il lenzuolo e nasconde la testa. Il gallo canta un’altra volta, peggio di una sveglia. Aarne si tira su e a passi pesanti va in bagno. L’acqua della doccia è calda che quasi scotta. Appoggiato alle piastrelle, l’acqua gli scroscia addosso sulle spalle e Aarne si lascia immergere nel vapore.
Tra le sue manone tiene la tazza e dal caffè esce il fumo.
Ci soffia sopra e sorseggia. Gira la testa alla finestra. Per fortuna con la scavatrice ha finito, invece il campo di grano, abbagliato dal sole è un’immensa tortura. La mietitrebbia è pronta che lo aspetta fuori. Rossa come una Ferrari 250 GTO; se ne avesse una, con Merja sarebbe tutta un’altra storia! Tre colpi leggeri bussano alla porta. Mirre lo guarda, Aarne aggrotta la fronte: «Chi sarà a quest’ora?».
Merja ha in mano un vassoio coperto da un canavaccio. Il profumo del dolce gli arriva sotto il naso e fa aprire ad Aarne la bocca in un sorriso; i suoi denti storti sono in bella mostra. Richiude subito le labbra, ci mette una mano sopra. Perkele le unghie!
Ritira di scatto la mano e se la mette in tasca. Lei sorride e il neo peloso che ad Aarne è sempre piaciuto si infossa nella ruga sulla guancia: «Ho appena fatto la Mustikkapiirakka». Toglie il canavaccio.
«I mirtilli li ho raccolti ieri». Gli avvicina il vassoio: «È per te, Aarne».
Lui prende la torta, con le mani nascoste sotto il vassoio. «Kiitos Merja, è molto bella».
Lei ride: «E anche molto buona».
«Eh sì, ci credo». Aarne si gratta la pelata: «E… Merja, che ne diresti di mangiarcela quando ho finito al campo?». Abbassa la testa.
Mirre gli gira intorno alle pantofole. Perkele i buchi!
Non può far niente. Merja gli appoggia la mano sul gomito: «Mi farebbe molto piacere, Aarne. A più tardi allora».
Aarne sale sulla mietitrebbia.
All’orizzonte si alza un polverone, un rombo di motori interrompe il silenzio e delle auto nere avanzano molto veloci. Si fermano sgasando. Escono uomini vestiti in completi neri, dalle auto prendono delle grosse borse. L’uomo con i baffetti lo saluta in finlandese con forte accento americano e lo invita a scendere: «Non c’è tempo da perdere. Arrivo subito al sodo. L’FBI sospetta che dietro l’attentato di Kennedy ci sia la Russia perché i russi non rispondono alla linea rossa. Il governo americano si sta preparando al peggio. I russi potrebbero attaccare, ma noi siamo qui per fermarli».
Aarne allarga il braccio e mostra i campi: «E come? Qui non vedo russi».
Si fa avanti l’uomo con la faccia butterata: «Il cavo della linea rossa passa proprio sotto il suo campo, crediamo che lei lo abbia rotto quando ha vangato la terra. Lei è la nostra unica speranza».
Aarne alza la testa al cielo. Speranza. Merja.
L’uomo coi baffetti mostra un cartello d’acciaio: «Troveremo il cavo, lo ripareremo e con un picchetto ci metteremo questo, per le prossime volte, così non lo rompe più».
Si gira verso gli altri: «Coraggio ragazzi».
Guarda Aarne: «Ci auguri buona fortuna».
Fortuna, la Mustikkapiirakka, Merja.
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