La principessa di Lampedusa di Ruggero Cappuccio, il coraggio di sognare ai tempi della guerra mondiale

di Cristi Marcì

Illustrazione di Anastasia Coppola

Tornare alle proprie radici non sempre è la strada più semplice da percorrere, tantomeno poi se di mezzo ci si mettono pure i propri sogni da inseguire, specialmente in un contesto storico culturale connotato da vincoli, credenze e obblighi morali oltre i quali la propria voce è ridotta al perpetuo silenzio.

Per chi rifiuta i destini tracciati

Ambientato in una Palermo costretta a fare i conti con la guerra e l’occupazione nazista-fascista, questo romanzo riflette in maniera più sottile le reali battaglie che la donna era costretta a fronteggiare durante i tempi bui del secolo scorso, rispetto al quale il valore femminile era circoscritto in prevalenza ad un ruolo dove il diritto ad essere sé stessi e alla libertà di espressione, venivano subito banditi come minaccia da parte di chi era solito tracciare i loro destini nel mondo.

Le protagoniste di questa storia meravigliosa sono Eugenia, giovane donna alle prese con il primo amore e i voleri familiari e Beatrice Maria Tasca Filangeri, donna (prima) e madre (dopo) di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.

Attraverso la descrizione delle rispettive personalità e delle proprie dis(a)vventure, Ruggero Cappuccio delinea in maniera magistrale una cornice sia mitica che archetipica del reale compito al quale la donna era spesso chiamata, e in cui la parola sacrificio non sempre lasciava spazio a quella dell’Opportunità.

Approdata nel capoluogo siciliano nel maggio del 1943, Beatrice si ritrova catapultata in un mondo a lei del tutto sconosciuto, dove i fasti del periodo liberty e gli equilibri di classe sono stati ormai ridotti in macerie dai bombardamenti, i palazzi sepolti sotto un cupo silenzio e il cielo si diverte a riflettere l’anima di quel periodo: scuro e indecifrabile.

Eppure, una volta tornata al suo luogo di infanzia, la vera battaglia che l’attende è quella con il passato e le sue numerose sfumature rispetto ai quali ogni scelta rischia di sgretolare financo l’ultimo briciolo di speranza.

Due esistenze, due destini, un’amicizia che si intrecciano in una geometria stellare

Ogni pagina pertanto, al pari di una geometria stellare, riflette quella luminosità che anche nei momenti più bui della vita non deve mai cessare di brillare, perché oltre al profilo storico culturale le due protagoniste descrivono al meglio due finestre temporali entro le quali le proprie radici possono ancora protendersi verso qualcosa di nuovo e che tuttavia si teme a volte di scoprire.

Lo scorrere e a tratti l’inafferrabilità del proprio esistere rispecchiano dunque il nucleo attorno al quale gravitano la vita e le scelte tanto della principessa di Lampedusa quanto della sua giovane vicina, le cui radici sono a sua insaputa pronte ad evolversi verso qualcosa di imprevedibile e sconosciuto.

Figlia di una famiglia benestante, il destino di Eugenia sembra ormai segnato dalle scelte del padre, che già dalla tenera età e ancor più sulla soglia dei vent’anni, vuole instradarla verso un futuro che tuttavia non le appartiene e di fronte al quale i suoi sogni rischierebbero di spegnersi.

La sua vita sembra dunque segnata da un volere che tutto le nega e poco le concede, finché un giorno al riparo della sua stanza la curiosità la guiderà verso l’incontro di un mondo all’apparenza lontano eppure a lei vicinissimo e che segnerà le sorti della sua vita, nonché della sua rinascita.

Il linguaggio delle immagini come antidoto all’obbedienza: una riflessione sulla psicologia del Sé

A chi si ribella ad un ruolo imposto

Secondo il noto psicoanalista junghiano James Hillman obbedire al richiamo di quello che viene definito Dàimon, vuol dire disobbedire e ribellarsi a quell’unico ruolo che ci è stato imposto e che per l’appunto non consente la fioritura e ancor più la scoperta delle migliaia di voci e identità dalle quali siamo abitati a nostra insaputa.

Disobbedire vuol dire quindi rispettare la propria natura che ogni giorno si rischia di tradire attribuendole significati univoci e spesso limitanti ma in conformità con quelle leggi esterne che riteniamo essere capaci di valorizzare la nostra identità.

Ripristinare il linguaggio delle immagini che ci abitano vuol dire entrare gradualmente a contatto con un spazio ed un tempo diversi da quelli ordinari e rispetto ai quali peraltro il rapporto causa effetto sembra sgretolarsi dinanzi ad una moltitudine sconosciuta, imprevedibile e proprio per questo ricca di opportunità. Una moltitudine accompagnata da quel valore simbolico che proprio grazie all’immaginazione, amplia non solo la percezione di quanto ci circonda bensì la consapevolezza con la quale far fronte a ciò che è in atteso: facendo della disobbedienza una consapevole risorsa.