La parabola del presagio

di Lucia Sirna

Illustrazione di Redazione

Il treno partì velocissimo e io non curante dei passeggeri e compagni di viaggio seduti accanto guardavo fuori dal finestrino i fotogrammi confusi del paesaggio che si presentavano dinanzi al mio sguardo suscitando un caos ipnotico e mentale di emozioni indefinite e pensieri sconosciuti.

Allorché.
Un’immagine non definita apparve sul finestrino inserendosi indisturbata nelle scene e destabilizzando la mia attenzione.

Poi.
Un brivido gelido mi percorse la schiena come un serpente che striscia lungo un sentiero pieno di ostacoli.

Immediatamente.
Focalizzai l’immagine e avviai lo scanner, quindi, inviai i dati al mio cervello per essere elaborati.

Risultato.
Un passeggero di sesso femminile.

In breve.
Una visione celestiale di giovane donna che con i suoi ferormoni solleticò il mio istinto predatorio.

All’istante.
Il riflesso del suo viso mi ammaliò, mi soggiogò, mi penetrò l’anima e mi fece suo. Ευρηκα. Gridai nel mio intimo più intimo, ovvero, nell’intimissimo delle viscere profonde e profumatamente igienizzate e deterse.

La donna della tua vita.
Mi suggerirono voci provenienti da un luogo nascosto e buio.

Le viscere profonde.
La donna della mia vita.

Confermò la parte di me desiderosa di una relazione amorosa stabile.
Una moglie. Un’amica. Un’amante.
Osservai e scrutai.

La visione celestiale.
Capelli lunghi e ondulati. Viso tondo e perfetto. Occhi languidi e teneri. Labbra carnose e sensuali.

Sentivo profumo di donna.
Udivo parole di amore.

Un attimo. Uno sguardo e…mi innamorai di lei.
Una semplice sconosciuta.

Adesso.
Era giunto il momento.
Conoscere il suo nome. Vedere il suo dolce viso. Toccare il suo splendido corpo. Sentire la sua voce soave.

Armato di coraggio. Vincendo la timidezza. Sconfiggendo le paure. Curioso e innamorato.
Lentamente girai il capo e con lo sguardo cercai la mia amata.
La donna della mia vita.

Trovai.
Il viso sconosciuto di una passeggera. I capelli avvolti da una cornetta bianca. Il corpo ricoperto da un vestito lungo e nero. Un libro stretto tra mani ruvide.

Il mio sguardo iniziò a vacillare.
La mia mente entrò in uno stato confusionale.
Il punto fisso era andato perduto e tutto girava intorno a me.

Una vertigine. Un capogiro. Un mancamento.

Inaspettatamente.
Fui posseduto da un’ansia incontrollata e maligna.
Volevo un esorcista.
Il sogno di trovare la donna della mia vita si sarebbe potuto realizzare o dissolvere.

Infatti.
La speranza si sarebbe frantumata in tanti cocci come un bicchiere che cade sul pavimento.

Quindi.
La passeggera sconosciuta, guardandomi con un sorriso divino, immersa in un’aura mistica, si rivolse a me con parole di beatitudine e benedizione.

Disse.
«Il signore sia con te!»

O mio dio! Esclamai.
Un angelo. Pensai.

Allegro risposi.
«E con il tuo spirito».

Mentre un coro di voci bianche intonava: Alleluia! Alleluia!! Alleluia!!! Al-le-lu-ia!!!!!

Ero gaio. E gaia era lei. E gaie erano il coro di voci bianche. E gaio era il momento.

All’improvviso.
Sentì un rumore acuto perforare il mio timpano.
Un tonfo.

E poi vidi.
I cocci della mia speranza frantumati sul pavimento.
Il sogno perso.
L’illusione svanita.
L’amore deluso.

Un fruscio di parole mi ronzava in testa come un ritornello fastidioso di un tormentone estivo.
Il signore sia con te.
E con il tuo spirito.

Poi.
Impetuosamente chiesi.
«Mi scusi splendido fiore germogliato in un campo all’aperto e donna di altri tempi ma a quale signore allude al personaggio che indossava una veste nera con un collarino bianco che prima era seduto accanto a lei?» «Non conosco il signore – disse sorridendo – figuriamoci il suo spirito».

Immediatamente.
Risi di un riso blasfemo.

Risultato.
La visione celestiale infastidita andò via come una furia lasciandomi le sue ire funeste.

E con lei.
Il presagio di un amore eterno e indissolubile.

In breve.
Mi ritrovai sulla strada di ritorno dalla via di Damasco e realizzai le tristi circostanze che avrebbero flagellato per sempre la mia anima.

Dunque.
Rielaborai i dati e composi il puzzle della visione celestiale.
Ed ecco me stesso in una versione d’idiotismo certamente non linguistico.
Ma strettamente ed esclusivamente mentale.

Un vestito lungo e scuro. Un libro nero chiuso tra le mani. Indizi inequivocabili.

Una suora.
Ingenuo.
Labile.
Emotivamente instabile.
Alterato psichicamente.

Che importa.
Ribattei io al coro di voci ghost che intonavano un osanna di scherno e derisione.
Le emozioni provate in quegli istanti furono intense e reali.

Una suora.
Magari mi avrebbe fatto conoscere degli Angeli.
Nuovo Presagio.
Conoscere Angela o Angelo.

Moralismo.
Il presagio di un’emozione è reale anche se la realtà dell’emozione è nel presagio.