Valentina Scalzo_illustrazione

La donna in corriera

di Luca Cassarini

Illustrazione di Valentina Scalzo

La donna indossava un tailleur alla moda.
Sedeva in prima fila sulla corriera di linea.
In realtà era la presidentessa di quell’azienda privata di trasporti: una compagine maschile di afrori e muscoli che la rendevano pesce fuor d’acqua, per certi versi, ma alla fine la capoccia era lei.
Aveva possibilità di scegliere se qualcheduno poteva continuare a starsene lì, privilegiato di poterci lavorare, oppure, beh…grazie, tanti saluti, arrivederci. Frasi di rito per licenziamenti prestampati.

Ogni tanto, seppur raramente, capitava; però capitava.
E questa era una di quelle volte.
Bastava solo trovare il momento migliore: il momento migliore!
Erano tempi difficili per chiunque, dubitava che potessero esserci momenti buoni e una lettera di licenziamento in periodi come questi equivaleva ad una notifica di sfratto il giorno di Natale: un bel regalino portato da un Babbo bastardo.
Lei non era Babbo Natale, aveva più le sembianze di una vecchia Befana e megera nell’inconscio collettivo dei suoi dipendenti, ma cosa poteva farci? Era il mercato, bellezza!
O mangiavi o venivi mangiato. Meglio liberarsi di qualche zavorra che affondare con tutta la nave, ma questo non lo avrebbero capito.

Come al solito, la strategia per dare cattive notizie era questa: avrebbe atteso di giungere al capolinea con l’autista.
I dipendenti, un’accozzaglia vasta, non la conoscevano né l’avevano mai vista, la riservatezza era il suo unico biglietto da visita. Avrebbe dunque aspettato che non vi fossero passeggeri sul mezzo.
Infine, si sarebbe qualificata e avrebbe dato la cattiva novella.
Le era capitato di assistere a reazioni eterogenee, ma comunque dignitose. I
n generale, gli uomini non si aspettavano che una donna avvenente desse loro una così brutta notizia. Vabbè, anche se non era una ninfa, non si aspettavano annunciazioni così sconvolgenti. Infine, data la missiva – ché ambasciator non porta pena – lei aspettava l’arrivo del nuovo autista (perché le linee metropolitane dovevano andare a tambur battente) quindi tornava a casa, o in ufficio, o scendeva alla prima fermata del centro e faceva quattro passi per smaltire il boccone indigesto dato in pasto agli altri.
Semplice, no?

Ovviamente le sorprese potevano celarsi dietro l’angolo, come il trovarsi l’autista ciarliero.
Lei era poco incline alle chiacchiere, ma l’etichetta prevedeva l’annuire accondiscendente ed il sorriso lievemente ebete, da persona fintamente interessata alle noie altrui. Tipo…
«Signò, lo sa qual è il problema di Milano?»
«No, qual è?»
«Il traffico. Onnipresente, endemico, ormai ha una vita propria, si autoalimenta, si propaga nello spazio e nel tempo, regge in qualunque situazione climatica, è difficile da scacciare, insomma…si metta nei miei panni.»
«Eh.»
«Pensi che passo il 40% della mia vita imbottigliato nel traffico. A respirarmi fumi tossici. È una malattia professionale, no?»
«Può darsi.»
«Eccome, eccome! Ascolti, signò, adesso che non è salito ancora nessuno, le faccio una confidenza: mia moglie è incinta». Touché.
Pausa ad effetto.
Perché non proseguiva nel suo discorsetto, anziché costringerla a metabolizzare la gravidanza di una sua simile?
Si sforzava di non essere troppo empatica, perché l’empatia è un’arma a doppio taglio, se ti permette di guadagnare punti Paradiso rischia di affossarti anche negli altrui Inferni personali.

«Noi abbiamo già un altro figlio che deve ancora iniziare le scuole medie, e poi…lo sa meglio di me…»
Cosa? Cosa sapeva meglio di lui?
«….la crisi sta colpendo tutti. L’altro giorno mia moglie mi fa: siamo sicuri di volerlo tenere? Saranno costi su costi.» Altra pausa, per far ghiacciare meglio il tutto, come certe ricette che consigliano di tenere il prodotto in frigorifero tutta la notte.

«Oggi, finito il turno, ne parlerò con i miei superiori. Vorrei chiedere un piccolo aumento di stipendio, promettendogli ovviamente di tutto: fare gli straordinari, le pulizie, il centralinista, se necessario…».
Parlava, parlava, il povero Calogero Pasquale, come recitava il badge dell’azienda.
Nella foto era più giovane, aveva più capelli, un’espressione gioviale.
Adesso appariva più avanti negli anni, era quasi calvo, il sorriso tirato. Parlava dei suoi problemi, delle sue necessità, delle sue incombenze, della realtà nuova in cui di punto in bianco era cascato.
Non poteva permettersi di perdere il lavoro: in tempi come questi ed alla sua età, chi lo avrebbe più voluto?
Sì, forse qualcosa si trovava, ma lui era affezionato a quell’azienda, era una realtà prospera, era ben lieto di svolgere le sue mansioni, ripetitive, sicuramente, ma non per questo noiose, anzi.
Tanto anche lui era ripetitivo: tutti i giorni sveglia alle 5, tutte le notti a letto alle 9, gli piaceva quel lavoro, sì, gli piaceva davvero tanto…

La tiritera proseguì senza sosta, se non quelle sporadiche del mezzo, fino al capolinea.
La donna, incerta sul da farsi, si guardò rapidamente nel portacipria per indossare un sorriso smagliante.
Quindi, disse: «Sa, Calogero, ho ascoltato con attenzione la sua storia. Posso dirle che mi ha colpito e toccato nell’intimo e dunque vedrò di fare il possibile per lei. Mi scusi se non mi sono presentata: sono Laura Cardarelli…il nuovo responsabile delle Risorse Umane della nostra azienda» bleffò.

L’ometto in divisa per poco non si buttò in ginocchio a baciarle la veste.
Era emozionato, incredulo.

«Signora, le sono immensamente grato, davvero».
«Si figuri, ora debbo scendere. Arrivederla».
«Arrivederci, Signora, e grazie ancora».
«Mi stia bene, auguroni alla famiglia».

Nel guardare l’autobus allontanarsi nella canicola del pomeriggio Laura Cardarelli si pentì di quella scelta fatta. Avrebbe dovuto sorbirsi ore e ora di riunioni con il team amministrativo, rivalutare bilanci e piani di spesa, forse.
O forse no, i dipendenti erano solo numeri ed un numero in più o in meno non se ne accorgeva nessuno.
Dalla lista nera cancellò il nome Calogero Pasquale.
Magnanima, l’aveva salvato.

Tuttavia, si disse, la prossima volta avrebbe preso un taxi.
Meglio evitare rogne.

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