La prossima volta prendo Italo

di Alex Roggero

Illustrazione di Redazione

Salgo sul treno di corsa, affannato e sudato, sono abbastanza certo che tra qualche istante sputerò un polmone direttamente dalla bocca.

SBAM.
Le porte si chiudono alle mie spalle. Lo fanno con violenza, quasi per volermi dare una lezione.
Per poco non cado al suolo. Figa, forse in realtà me lo sarei pure meritato, prima o poi giuro che lo capirò che per arrivare da Porta Romana a Stazione Centrale ci vogliono più di 20 minuti in metro.
Eppure continuo a fare di continuo sempre lo stesso errore.
Forse lo faccio apposta, forse mi piace auto-sabotare la mia vita.

Le persone sulla carrozza mi fissano mentre ansimo.
Cammino sudato provando a non farci caso. Tra poco inizierò pure a puzzare lo so. Mi spoglio e mi siedo nei primi posti liberi che trovo. Tiro fuori il cellulare, apro Instagram. Alle mie spalle, credo una fila o al massimo due dietro la mia, una signora dice a quello che penso possa essere il marito, o forse un amico, che i soldi del biglietto ovviamente glieli ridarà, che è solo un momento difficile in cui non capisce dove finiscano i suoi soldi. Dalla voce penso avrà tra i 70 e gli 80 anni. È umiliata nel dover fare quella precisazione, si percepisce che nella vita questa persona non ha mai dovuto chiedere un prestito a qualcuno. Forse in realtà non ha mai dovuto chiedere proprio niente: «Giuro che te li ridarò, davvero, lo giuro».
«12 euro di biglietto? Ma smettila di dire fesserie, sono felice di avertelo pagato. E poi forse dovremmo proprio smetterla di fare queste cose. Viviamo insieme da 50 anni, smettiamola di fare gli adolescenti. I miei soldi sono anche i tuoi lo sai».
«No! Io non dipenderò mai da qualcun altro. Mai!»
«Ma chi dice che dipenderesti da me? Sarebbe tutto esattamente come è ora, semplicemente non dovresti chiedermi scusa se ti compro un biglietto del treno».
«Io nella mia vita mi sono sempre pagata tutto da sola. Lo sai bene. E nonostante tutto, ho sempre vissuto benissimo. È solo una situazione temporanea questa. Vedrai, il mese prossimo ti restituirò tutto».

Ok, forse in effetti dovrei semplicemente farmi i cazzi mie lo ammetto, ma la loro intimità mi ha ipnotizzato per qualche minuto. Mi rimetto a guardare filmati di ciccioni che cadono su Instagram.
O almeno ci provo.

Un telefono inizia a squillare: «Federico, amore dove sei? Come Stai? Scusami ho sbagliato, ti chiedo scusa».

La Signora risponde a quello che penso possa essere un figlio, o un nipote.

«Ma certo che puoi non venire. Ma certo, tu hai la tua vita lo so, sono stata una stupida a mandarti quel messaggio. Sì, lo so che sei pieno di cose da fare. Ma no tranquillo, davvero stai tranquillo. Cosa? Vuoi venire? Ma certo vieni amore ti aspettiamo. Il Professor Perzulli non vede l’ora di conoscerti, ci ha detto che vorrebbe dare a te l’esclusiva di questa intervista. Chiunque vorrà pubblicarla vedrai, faranno a gara e sarà utile alla tua carriera, in qualunque ambito tu voglia che sia. No ma sei non vuoi venire stai tranquillo. Perché me lo chiedi? Perché lo chiedi a me? Cosa vuoi che ti dica? Se mi fai questa domanda è perché forse vuoi venire? Devo chiederti di venire? Vieni amore mio, ti prego vieni. No no no, non fare così, non ti ho chiesto io di venire, me lo hai chiesto tu. Lo so che hai le tue cose da fare e ti eri già fatto i tuoi programmi per il weekend. Amore non venire. Vieni? No no non te lo sto chiedendo, non venire. Ti prego non chiedermi più niente ti prego. Ti prego. No no, aspetta ti passo il papà».

«Pronto? Ciao Federico, che piacere sentirti. Allora, come ti dicevo nel messaggino che ti ho mandato, cercando di rispettare sempre le tue scelte e la tua volontà, questo incontro, per tutto ciò che ci siamo detti e che ben sai, potrebbe rappresentare un’ottima occasione per la tua carriera. Altresì, il fatto che tu abbia già organizzato il tuo weekend, rappresenta un’ottima giustificazione per non venire all’incontro. Ma no, la mamma lo capirebbe, te lo garantisco. Sì, lo sappiamo che vorresti venire. Ma sappiamo anche che sei una persona molto impegnata tranquillo. Federico, però ora promettimi che non passerai la giornata a tormentarti pensando al fatto che non sei venuto. Me lo prometti? Ecco, ora goditi il tuo weekend, fidati che ci saranno altre occasioni per incontrare il Professore, te lo assicuro».

«Sì, ma non per intervistarlo!» la moglie urla all’improvviso questa frase.

«Ma no Federico, la mamma ci tiene solo molto alla tua carriera. Tranquillo, abbiamo capito le tue motivazioni e ci sembrano assolutamente ragionevoli. Sei una persona impegnata, molto impegnata, è giusto che tu sia geloso del tuo tempo. Tranquillo. Ora smettila di pensarci e goditi il tuo weekend. Sì sì certo, te la saluto io. E non chiedere più scusa, non hai fatto niente di sbagliato. Ciao Federico. Ciao».

Vorrei voltarmi e dare un volto a queste voci, ma nella carrozza si è creato un silenzio surreale. Penso che chiunque negli ultimi minuti stesse ascoltando come me quell’assurda conversazione. Siamo tutti immobili al proprio posto, facendo finta che tutto sia normale. Anzi peggio, facendo finta di non aver ascoltato nulla.

«Sto distruggendo la sua vita. Lo so. Sono un mostro. Non dovevo insistere per farlo venire».

«Ma smettila di dire queste fesserie, non hai fatto niente di sbagliato. Anzi, posso dirti una cosa? Al 99% avevi ragione tu».

«Ora passerà tutto il weekend tormentandosi pensando a quanto sarebbe stato meglio se fosse venuto. Lo so. Perché sono stata così stupida? Perché?».

«Ma guarda che a scrivergli quel messaggio siamo stati tutti e due. Prima di inviarlo mi hai chiesto cosa ne pensassi no? Stai tranquilla, vedrai che si risolverà tutto come sempre. Tra una settimana nemmeno ci ricorderemo di questo episodio».

Squilla di nuovo il telefono.

«Federico? Amore mio. Che bello sentirti. Ma no certo, avvisiamo noi il Professor Perzulli. Sì, lo aveva chiesto lui personalmente a tuo padre di farsi intervistare da te. Sì, lo sai che voleva aiutarti, lo sai bene. Federico perché mi torturi così? Cosa vuoi che ti dica? Vuoi che menta? Era una grande occasione lo sai, lo sai bene. No Federico ti prego non dire così. Lo so che sei una persona molto impegnata. No stai tranquillo, ci saranno altre occasione sì è vero. No non l’ho mai detto. Federico ti prego. Ti passo papà?  No ok, ci sentiamo più tardi allora. Scusa Federico davvero, scusa. Non dovevo mandarti quel messaggio. Mi scusi Federico? Davvero? Scusami. Sì sì scusa. Ciao amore ciao».

Sento la Signora esplodere in lacrime.

«Sono un mostro. Ho distrutto la vita di nostro figlio. Sto vivendo un incubo. Ti prego dimmi che non sta succedendo per davvero».

«Ma la pianti di dire fesserie? Non è successo niente. Tra un paio d’ore chiamo Federico e ci scherziamo su ok? Magari gli passo il Professore e lo faccio tranquillizzare anche da lui».

«Tu lo sai perché non è venuto».

«Sì, perché è una persona estremamente impegnata. Aveva già organizzato il suo weekend e noi abbiamo provato a stravolgere i suoi programmi all’ultimo minuto».

«Non viene perché è malato».

«Ma smettila, ancora con questa storia».

«Lo so che è lui che ruba i miei soldi».

«La smetti di dire queste fesserie? Guarda che ci stanno ascoltando tutti».

La Signora inizia a piangere così forte che per provare a non sentirla devo mettere le mie cuffie al massimo del volume. E comunque un po’ continuo a sentirla.

Nell’ora successiva tutto sembra tornare alla normalità. Io mi faccio i cazzi miei, i due vecchi finalmente stanno zitti. Niente più conversazioni surreali, niente più piagnistei. Posso finalmente concentrarmi e guardare ragazze decisamente poche vestite su Instagram. Uno dei miei passatempi preferiti.

Quando stiamo per arrivare alla stazione di Parma però, il telefono squilla ancora.

«Buongiorno. Sì salve, sì sono la mamma, chi parla? Sì. Non mi faccia spaventare, cosa è successo? No, non sono calma. Come faccio a restare calma? Chi è lei? Che ospedale? Cosa è successo? Federico? Cosa? Cosaaa? Non è vero. Non è vero. Non è veroooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooooo».

Credo che il suo urlo di disperazione abbia gelato all’istante i cuori di tutta la carrozza. Non si è sentita più una singola parola fino a quando il treno si è fermato alla stazione. Mentre mi alzavo per uscire, ammetto di essermi voltato per provare a vederla in viso. Ovviamente non ci sono riuscito, ho visto solo una massa di capelli tinti di biondo abbracciare un signore dai capelli bianchi, di cui però, vedevo solo le spalle.

Penso questo sia stato uno dei viaggi più assurdi della mia vita.
La prossima volta prendo Italo.